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Libri: " Giangiacomo Feltrinelli - La dinastia il rivoluzionario "

Baldini&Castoldi editore – Milano 2000, pp. 551

Questo non è solo un libro di storia. E’ il romanzo di una vita. Di Giangiacomo Feltrinelli, discusso come nessun altro, criticato, scarsamente amato e mai, comunque, giudicato obiettivamente, sia nel bene sia nel male, e di suo padre, Carlo Feltrinelli, una delle figure più rappresentative del nostro Paese nei primi trent’anni del Novecento e allo stesso tempo delle meno conosciute: un uomo per il quale la discrezione e la separazione tra la politica e gli affari costituiva una regola imprescindibile. Giangiacomo Feltrinelli nacque nel 1926 e morì nel 1972. Ebbe una madre terribile, Gianna Elisa Gianzana, e un patrigno, Luigi Barzini jr, con il quale non legò mai. Ricco, ricchissimo, alla fine della guerra entrò nel Pci e da allora visse quella che, a partire dalla metà del 1960, cominciò a diventare la sua schizofrenia: l’appartenere cioè per diritto di nascita a una classe, l’alta borghesia, e l’essere con il cuore e con la testa di un’altra, il proletariato. Negli anni, con la progressiva decolonizzazione dei Paesi del Terzo Mondo e con l’avvento di Castro, questa contraddizione – risolta inizialmente attraverso le attività editoriali che lo avvicinavano in qualche modo a quella parte per cui sentiva di dover combattere – esplose. La cultura e la casa editrice non gli bastarono più. Gli apparvero sterili tentativi per non compiere una scelta definitiva. Feltrinelli si portava dietro i traumi e le insicurezze di un’infanzia e di un’adolescenza più uniche che rare. Ma riuscì a ribellarsi alle imposizioni o ai diktat da qualunque parte provenissero. In lui, non dimentichiamolo, era anche il gene di una capacità imprenditoriale che non conosceva confini. Aveva molti difetti. Era ingenuo e infantile, irrequieto e testardo, generoso e diffidente, arrogante e incostante, ma comunque sempre tremendamente solo. Fu militante rivoluzionario e il suo più grande successo consisté nella partecipazione concreta, come dimostrano alcuni documenti finora inediti, all’omicidio ad Amburgo del console boliviano Quintanilla. Ebbe contatti, strettissimi, con Potere Operaio; altri, meno intensi, con le Brigate Rosse; altri ancora, di natura diversa, con Lotta Continua. Fu accettato spesso per comodo e rifiutato quasi sempre per convinzione. Fu in realtà un irregolare, mai legato a nessuno; troppo giovane, come si disse all’indomani della morte, per aver potuto partecipare alla Resistenza e troppo vecchio per dirigere la rivoluzione, aspirante condottiero di un esercito che esisteva solamente nei suoi sogni.sa editrice